La bonifica e l’escavazione del Cavamento

La bonifica

 

Le condizioni idrauliche della bassa pianura emiliana a valle dell’isoipsa dei 25 metri sul livello del mare – isoipsa che congiunge Nonantola con Medicina – sono il risultato, nei tempi storici, sia della dinamica naturale di questo territorio di formazione alluvionale sia delle sempre più consistenti opere idrauliche dell’uomo.
La tendenza naturale all’instaurarsi di una morfologia caratterizzata dall’alternarsi di conoidi e dossi fluviali-frutto del frequente divagare dei corsi d’acqua e del deposito di consistente quantità di materiale eroso dall’Appennino – ad ampie bassure, è stata accentuata dagli interventi idraulici tesi a regolare e controllare l’andamento dei fiumi, che nel tempo vennero racchiusi entro argini onde evitare il periodico allagamento dei terreni circostanti.
I corsi d’acqua – a causa della loro crescente pensilità – sono quindi divenuti le linee di displuvio nella pianura, e tra queste sono rimasti chiusi terreni depressi e con drenaggio per cadente naturale assai difficoltoso, data l’impossibilità di convogliare le acque nelle quote superiori degli alvei fluviali.
Questo stato emerge già chiaramente dalle rappresentazioni cartografiche settecentesche e della prima metà dell’Ottocento, assai attente alla situazione idraulica del territorio, anche se nelle seconde si può cogliere – accanto ai notevoli progressi nella tecnica cartografica – l’introduzione della risaia stabile in alcune delle aree precedentemente incolte perchè allagate.
Buona parte della bassa pianura con quote inferiori ai 15 metri rimasta incoltivabile, o comunque soggetta a rischio di allagamenti periodici fino alla metà dell’Ottocento, come emerge dai rilievi cartografici dell’ I.R. Istituto cartografico austro-ungarico e sarà solamente l’introduzione delle macchine idrovore a consentire l’avvio della definitiva bonifica e messa a coltura di questi terreni. (S.T.)

 

Il Cavamento

 

Per i motivi sopra descritti, gli interventi di bonifica furono una necessità costante per gli abitanti della bassa pianura padana fin dai primi insediamenti.
Questi interventi tuttavia variarono nel tempo in base alle condizioni climatiche, demografiche ed economiche.
Nell’alto medioevo, a causa della grave recessione demografica ed economica, molte terre che in età romana risultavano coltivate ritornarono allo stato di boschi e paludi. Le bonifiche ripresero a partire dall’XI secolo, in coincidenza col miglioramento delle condizioni climatiche, che favorirono anche la ripresa demografica e lo sviluppo dell’agricoltura, mentre subirono certamente un grave arresto nel Trecento, secolo che in tutta Europa fu caratterizzato da una pesante crisi di carattere sia demografico che economico.
I grandi lavori di bonifica ripresero nel Quattrocento e proseguirono nel secolo successivo, che nell’area padana fu contraddistinto da una vera e propria “febbre delle bonifiche”.
Nel territorio delle partecipanze l’esempio più significativo è costituito dall’escavazione del cavamento Foscaglia, detto anche Amola e Palata, un grande collettore di scolo mediante il quale le acque dei terreni bassi di Crevalcore, Sant’Agata e San Giovanni, che fino a quel momento avevano stagnato nelle valli, furono convogliate nel Panaro a Santa Bianca. La realizzazione del condotto, che avrebbe dovuto attraversare i territori estensi di Finale e di Bondeno, fu concordata nel 1487 tra Giovanni II Bentivoglio ed Ercole I d’Este.
Le spese dell’intervento furono a carico del Bentivoglio, che ne fu remunerato dalle comunità interessate con la cessione di una grande proprietà, situata nell’enfiteusi vescovile persicetana, che da lui assunse il nome di Giovannina.
E’ opinione comune che le altre due comunità abbiano rifuso a quella persicetana il danno che le derivò dalla perdita di quei terreni, tuttavia è anche indubitabile che furono le terre di San Giovanni a trarre i maggiori benefici da quest’intervento idraulico.
Può essere interessante osservare che proprio a partire dagli anni in cui venne realizzato il Cavamento si instaurò nelle comunità interessate il sistema delle divisioni periodiche delle terre.
Va comunque tenuto presente che le bonifiche quattro-cinquecentesche, che si fondavano esclusivamente sulle possibilità di scolo naturale dei terreni, non ressero al peggioramento climatico e al dissesto idraulico del secolo successivo, per cui gli interventi di bonifica dovettero essere ripresi nell’Ottocento, con l’ausilio di sistemi meccanici. (E.A.- E.F.)

 

Foto 1 – Lavori di bonifica.

Tratta da “Piccola storia della Partecipanza di San Giovanni in Persiceto” di Gian Carlo Borghesani, Borgo rotondo, maggio 2008.

Foto 2 – Situazione idraulica della Pianura emiliana alla metà del secolo scorso. Nella carta sono rappresentate le superfici non coltivabili in quanto sommerse permanentemente (in scuro) oppure stagionalmente (tratteggiate) da acque dolci o salse.
Dati desunti dal rilievo topo grafico dell’Istituto Geografico Militare Austro-Ungarico.
Da G. Bassi, F. Bernardini, G. Puppini, G. Sacerdoti.
Coordinamento tra le opere idrauliche di pianura e la bonifica montana.
Suppl. al Bollettino “La Bonifica Integrale”, fasc. IV, 1959, tav. n.3